Pramollo, ieri e oggi

Orientato all'incirca da est verso ovest, con una forma assimilabile ad un rombo con i vertici al Castello della Vaccera, al Gran Truc, sulla dorsale che lo separa da Inverso Pinasca e, verso il basso, nel profondo imbocco incombente sull' abitato di San Germano Chisone.

Geograficamente così si presenta il vallone di Pramollo, con i fianchi scoscesi a raggiungere, dai 569 metri di Rue, le dorsali della Vaccera, della Gardetta e del Laz Arâ, con la punta del Gran Truc a 2300 metri come massima altezza.

È un ambiente severo, con estati normalmente poco calde e di breve durata, stagioni intermedie umide e sovente nebbiose, con inverni lunghi, dalle abbondanti precipitazioni nevose. Queste caratteristiche, unite alla chiusura naturale dei valichi verso più importanti luoghi, sicuramente hanno condizionato l'evolversi della vita per gli abitanti togliendo, con l'esiguità della terra disposta ad essere lavorata, la "facilità", e chiedendo in tenacia, durezza e pazienza le caratteristiche necessarie agli abitanti, come in tante altre realtà alpine, alla sopravvivenza. Una ricchezza sola è di questa terra, l'acqua, che contribuì a darle l'antico come latino di "Praum Molle". Le numerose sorgenti, su tutti i versanti, hanno consentito in passato un certo sviluppo all'allevamento del bestiame, alla lavorazione del latte con la produzione di latticini, in particolare della ricotta, "seiras", nota da secoli.

Pramollo, certamente abitato fin da epoche remotissime come tutte le regioni pedemontane di qua e di là delle Alpi, è stato oggetto di ricerche archeologiche negli anni' 990 da parte del CeSMAP, Museo Civico di Archeologia e Antropologia di Pinerolo, d'intesa col Ministero per i Beni Culturali-Soprintendenza Archeologica del Piemonte, scavi che hanno messo in luce le stratigrafie accumulatesi attorno al sito di Roccio Vellho, riscontrando una frequentazione umana preistorica risalente allEtà del Rame, III millennio a.C. I ritrovamenti di complessi importanti di incisioni rupestri a "Roccio Clapier" a poca distanza dall'abitato dei Sapiatti, a "Cialvet" sul crinale del Laz Arâ e nella zona del Lausun possono esserne testimonianza. E poi, per brevità, i Liguri, i Celti, e una successiva romanizzazione che, unita al cristianesimo attraverso i secoli e con l'uso della lingua latina quale mezzo di comunicazione, ha permesso la conservazione ad oggi del nome della località "Pratum molle", appunto.

Il più antico documento che menzioni Pramollo sembra essere nella donazione della marchesa Adelaide all'abbazia di S. Maria di Pinerolo, attuale Abbadia Alpina, datato 1064. Certo è che la collocazione sotto una giurisdizione ecclesiastica avrà per l'intero vallone conseguenze diverse rispetto alle comunità vicine quali la Val Pellice. I primi Valdesi, nel Pinerolese verso il 1200, provocarono la reazione da parte della chiesa ufficiale e già nel 1312, a Pinerolo ebbe luogo il supplizio di una donna accusata di "valdesia". Certo Pramollo non fu esente da questo nuovo movimento religioso, ma essendo terra ducale, non fu toccato dalle grandi persecuzioni che raggiunsero la Val Chisone, in particolare Pragelato e le vicine valli francesi Argentière, Vallouise e Freissinière.

Pramollo passò poi i successivi due secoli in relativa tranquillità forse perché non si erano avute manifestazioni di dissidenza tali da giustificare repressioni. Nell'accordo di Cavour del 1561, non essendovi menzionato Pramollo, può ritenersi fosse un'isola rimasta cattolica, attorniata da comunità che hanno tutte aderito alla Riforma: il vallone di Riclaretto, Inverso Pinasca, Angrogna, Roccapiatta, San Germano.

In tale periodo la comunità e la chiesa, visitate da un religioso dell' Abbazia S. Maria, Giovanni de Martinis, funzionavano, ed il visitatore rilevò che la chiesa, pur con ornamenti poveri, aveva due altari.

La conversione alla Riforma nel 1573, in seguito ad una disputa, pose alla guida spirituale del vallone il pastore Francesco Garino, in sostituzione al parroco Sincero Biglione e, da tale data, la storia di Pramollo è del tutto simile alle vicine comunità riformate delle Valli.

Questa adesione comporterà, durante il XVII secolo, una drammatica serie di conseguenze. L'ordine di demolizione dei templi interessa anche Pramollo, che avendone costruito uno nella zona dei Dormigliosi, mette in opera uno sbarramento nella zona ancor oggi chiamata della "Barricata", riuscendo ad impedire l'ingresso nel vallone ai soldati. Ma il tempio sarà, poco tempo dopo, comunque demolito.

Poi è la peste, attorno al 1630, con le sue terribili distruzioni, ad interessare la comunità e la morte di 11 su 13 predicatori nelle Valli, farà affluire ministri di origine svizzera cosicché da allora e fino agli inizi del XX secolo, tutti gli scritti e le predicazioni saranno in francese. Ed è nel 1686 che le truppe francesi alleate di Vittorio Amedeo e guidate dal Catinat, passando attraverso il colle Laz Arâ, prendono possesso del vallone dove nell'aprile, a Pomeano, vengono trucidate oltre 200 persone, in maggioranza donne e bambini, ivi rifugiatesi.

Poi le truppe proseguono per il colle Vaccera verso la Val Pellice. Costretti all' esilio, i valdesi del vallone vengono sostituiti da famiglie cattoliche provenienti in massima parte dalla Savoia ma, già nel 1689, essi ritornano guidati da Enrico Armaud, sorprendono il presidio sabaudo di un centinaio d'uomini, annientandolo.

Per tutto il secolo è ancora guerra: prima con la Francia, poi per la successione di Spagna e solo con il XVIII secolo la vita della comunità pare avviarsi ad una relativa tranquillità. Con il 1848 e l'editto di Carlo Alberto, si chiude la pagina dell'intolleranza religiosa, ed i due nuclei valdese e cattolico raggiungono i massimi valori della popolazione. Nella parte bassa, a Rue, su progetto di Tommaso Onofrio, architetto della Real Casa, viene costruita la splendida chiesa della Natività di Maria Vergine inaugurata il 29 dicembre 1843, che conserva in parte (pulpito, battesimale e campana) gli arredi che furono della chiesa di Ruata venduta ai valdesi. Anche la componente valdese inaugura nel 1845 la sua nuova chiesa a Ruata,di forma circolare con 6 colonne doriche a sostenere un frontone triangolare orientato a valle.

Ma problemi di stabilità del terreno ne consigliarono quasi immediatamente la demolizione e la successiva ricostruzione a breve distanza dove essa è oggi. Inaugurata il 15 agosto 1888,conserva in parte l'ordinanza architettonica della precedente con all'interno il pulpito riccamente scolpito,oggi in uso. Per la sua posizione intermedia tra le valli Pellice e Germanasca, durante la seconda Guerra Mondiale, Pramollo è ancora teatro di scontri,che culminano nel novembre del 1944con l'uccisione di 5 partigiani delle formazioni di Giustizia e Libertà in località Ticiun. Torna la pace, ma le condizioni di isolamento dovute alla mancanza di strade carrozzabili,continuano purtroppo fino al 1963, anno in cui finalmente diventa possibile raggiungere Ruata con le autovetture.

E da quel momento, grazie all'impegno degli abitanti, tutte le borgate vengono raggiunte dalle strade oggi totalmente asfaltate.

Il Comune raggiunge la punta massima di residenti nel 1861 con 1532 abitanti, ma da tale data è un continuo ridursi, mentre l'industria assorbe sempre più il flusso migratorio prima orientato verso le Americhe e trasforma in pendolari le forze attive della comunità che si trovano a dover affrontare giornalmente spostamenti onerosi anche in termini di tempo. Le scuole valdesi, vanto nel secolo scorso del territorio (nel 1924 erano ancora undici), sono state man mano chiuse e gli studenti, oggi nuovamente più numerosi, raggiungono a seconda dei gradi, San Germano, Villar, Pinerolo o Torino.

Con un'estensione di oltre 22 km quadrati, il comune dispone oggi di una rete viaria di oltre 47 chilometri, con le problematiche che il severo ambiente montano comporta. La realtà vera di oggi è ancora legata agli uomini, a quanti vogliono trovare ragioni per continuare a vivere questa terra. La ricostruzione nel 1954 del Comune, accorpato in passato dal regime fascista a San Germano, ne è prova tangibile; la costruzione di infrastrutture sportive a Rue, Ruata e Pomeano dimostra quanto attaccamento alle origini sia presente; l'inserimento di nuovi nuclei famigliari indica la volontà, anche dei giovani, di rimanere, di proseguire, di non abbandonare.

Renato Ribet

Bibliografia

G. TOURN, I Valdesi, la singolare vicenda di un popolo chiesa, Claudiana, Torino.
E. BALMAS, Pramollo 1975, Società di Studi Valdesi, Torre Pellice.

 

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